Dalla sfiducia al coraggio del bene

I discepoli vedono Gesù e lo riconoscono. Alcuni però dubitano (Mt 28,17). Di che cosa dubitano? Non certo che Gesù sia il Signore: se si prostrano vuol dire che lo riconoscono come Risorto. E di cosa allora? In un altro episodio del vangelo Gesù cammina sulle acque. Anche Pietro, sull’invito di Gesù, cammina sulle acque. Ma quando si spaventa, perché il vento è forte, affonda. Se hai paura, affondi! Allora Gesù lo rimprovera: “Uomo di poca fede perché hai dubitato?” (Mt 14,30-31). Si tratta della stessa paura. I discepoli, infatti, non dubitano del Signore; dubitano di loro stessi: “Ce la farò? Sarò all’altezza della chiamata del Signore?”
La sfiducia in sè stessi incrina il senso del nostro valore. La sfiducia è quella voce sottile ma terribile che ti dice: “Non ce la farai; è troppo per te; non hai le forze; ma chi ti credi di essere?”. La sfiducia in sè stessi è l’arma che spezza il nostro valore, i nostri sogni e i nostri slanci.

Albert Einstein fu bocciato in terza media in matematica (dico Einstein!). E i professori gli dissero: “Non ce la farai mai!”. E infatti lui non imparò mai quella matematica: ne inventò un’altra. Quante volte sentiamo quella frase: “Non ce la fai! Lascia fare a me! Lascia stare! E se poi ti succede che…”. È una voce terribile che ci impedisce di credere nel bene che è in noi. Gesù si fida dei discepoli, crede in loro e li invia: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni” (28,19). Vi immaginate la faccia dei discepoli: loro non hanno fiducia in sé stessi e invece Lui li invia in tutto il mondo.
Gesù conosce il potenziale di Bene che è riposto in noi e che attende di dare frutto. Non si può realmente credere in Dio e non darsi fiducia, non volersi bene, non darsi una possibilità. Non perché si è dei Superman, degli Ironman o dei supereroi ma solamente perché “Lui abita in noi”. Se Dio è in me allora io ho una forza divina. Aver fede in sé non è tanto aver fede in sé stessi ma in ciò che abita dentro di sé. Proprio in questo senso diceva San Paolo: “tutto io posso in colui che mi dà forza”. Per questo Gesù dice loro: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (28,20).
Non temere: se dubiti di te ricordati di chi c’è con te, ricordati di chi c’è dentro di te. Questa fiducia che nasce da una vera fede, ci rende capaci di superare le nostre paure, non solo come singole persone, ma come comunità cristiana. La Missione è affidata da Gesù anche alla nostra Parrocchia. La Comunità cristiana ha questo compito: portare la bellezza liberante del Vangelo, contagiare di gioia, seminare speranza in tanti cuori delusi e abbattuti, far venire voglia di Dio, mostrare percorsi spirituali, additare esperienze di liberazioni interiori. Per lasciarci guidare dallo Spirito Santo che ci spinge al compito dell’evangelizzazione dobbiamo superare quelle paure che attraversano la vita della nostra comunità cristiana, che come un corpo talvolta vive paure collettive. La paura dei cambiamenti, la paura di accogliere volti nuovi, la paura a fidarsi reciprocamente, il timore delle sfide che una società scristianizzata ci mette davanti… ci si lascia condizionare non dalla Parola del suo Maestro e Signore, ma dalle molteplici parole di sfiducia, di dubbio, d’incertezza che sviliscono il coraggio e tolgono la voglia di fare il bene. Dobbiamo imparare a riconoscere quelle paure che ci legano, c’imbrigliano e talvolta imprigionano così tanto il flusso libero dello Spirito Santo, che non trova accesso in noi. Trova resistenze e chiusure. “A scuola e all’Università si imparano molte cose, ma è in famiglia e in comunità che si impara a conoscersi e ad amare. La comunità è il luogo dei passaggi verso l’Amore. E questi passaggi non sono facili: il passaggio dall’egoismo e dal litigio all’amore e all’unità, il passaggio dalla paura alla fiducia, il passaggio dalla vanagloria alla gloria di Dio.” (Jean Vanier, Lettera della tenerezza di Dio, EDB). Il signore ci illumini sui passaggi che ancora dobbiamo compiere. Buon cammino a tutti!